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8 Set

“U carrettu”: storia e curiosità!!

Forse gli appartenenti alle nuove generazioni non solo non ne hanno mai visto uno dal vivo ma neanche sanno che cos’è “u carrettu” ma io sfido le persone delle nostra età dagli ultra trentenni in su a non ricordarselo. Alzi la mano chi tra di voi non ha a casa almeno il suo modellino, di quelli che i nonni e gli zii riportavano sempre come souvenir dalla loro gita nella bella e calda Sicilia!!

imageUna cosa però ve la posso assicurare: trovarselo di fronte in tutto il suo opulento splendore fa davvero effetto. Il suo tripudio di colori , le sue dimensioni, le sue ruote grandi e confortevoli e soprattutto i suoi disegni così minuziosamente curati, le sfumature della pelle e dei costumi dei personaggi, l’intarsio del legno,  profumano di tradizione e trasudano amore ma amore vero di chi ha passato settimane e mesi a pitturare ogni singolo centimetro di quello che definire semplicemente un carretto sarebbe davvero una eresia trovandosi di fronte ad una vera opera d’arte….e che arte!
I primi carretti fecero la loro comparsa intorno al 1800 in seguito ad una riorganizzazione del sistema viario che rese più agevole il commercio ( che al tempo avveniva prevalentemente via mare) anche per strada.  Per essere più precisi nel 1778 il Parlamento siciliano decretò di investire una somma di 24000 scudi per creare una rete  “strutturata” di vie e strade fino ad allora inesistente e nel 1830, in realtà più per motivi militari che commerciali,  anche il governo borbonico pose le basi per una organizzazione viaria della regione creando le cosiddette “ regie trazzere” che collegavano tra di loro diversi centri siciliani. Queste vie erano tuttavia spesso marcate da profondi solchi creati dai carri militari che ne rendevano alquanto difficoltoso il transito e fu proprio per questo motivo e per ovviare a tali difficoltà che i commercianti siculi decisero di supportare i loro carretti con ruote molto grandi che avrebbero superato le buche più agevolmente.

imageInizialmente , tuttavia, i carretti non erano di certo così magistralmente pitturati. Il loro colore tipico era per lo più il giallo usato più come protezione del legno che per abbellimento. Col passar del tempo , tuttavia, iniziarono a diffondersi i primi disegni che avevano a soggetto scene religiose tratte dalla vita dei santi due fra tutte:  Santa Rosalia e sant’Agata molto pregate in regione, oppure leggende mitologiche o molto spesso le imprese degli eroi della cavalleria rusticana o di grandi personaggi storici da napoleone a Carlo Magno passando per Garibaldi.

Le pitture dei carri divennero sempre più preziose e ricercate tanto che i commercianti, divenuti ormai un nuovo ceto emergente grazie al boom economico,  iniziarono a fare a gara tra di loro cercando con il carretto più bello di attirare l’attenzione dei clienti.  E sempre su questa scia ed a tale scopo ricordiamo che anche i cavalli venivano riccamente adornati con pennacchi, specchietti, borchie, nastri colorati e campanelli che con il loro trillare annunciavano l’arrivo dei mercanti.

 

Analizzando le componenti più importanti di ogni carretto ricorderemo:

“ U fonnu di cascia” ossia il pianale di carico utilizzato per trasportare merci e persone;

“I masciddari” ossia i due laterali fissi;

“U purteddu” cioè il posteriore removibile per agevolare le operazioni di scarico e carico;

“Le roti” e cioè le ruote ognuna composta da dodici raggi definiti in siciliano “iammozzi” che spesso venivano essi stessi decorati e scolpiti con la testa di aquile, sirene o paladini.

La realizzazione del carretto comportava un lavoro di circa due mesi che andava a coinvolgere più artigiani dal carrozziere che creava la struttura, al fabbro che doveva occuparsi degli elementi di congiunzione, al sellaio che doveva occuparsi dei bardamenti per il cavallo fino ad arrivare al pittore che dava il tocco finale al lavoro e che in genere con la sua mano faceva la differenza andando notevolmente a valorizzare quanto fatto dai colleghi.

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Quello che in molti non sanno  quando si parla di “u carrettu” è che quest’ultimo si distingueva a secondo della zona di origine. Esistevano, infatti, 4 diverse categorie che presentavano caratteristiche costruttive diverse:

  • il carretto palermitano che si caratterizzava nei colori per l’uso predominante di rosso e giallo, aveva la cassa di forma trapezoidale e l’asse delle ruote ornato di arabeschi in ferro battuto. Le sfumature cromatiche erano limitate ed i personaggi come le scene erano spesso bidimensionali;
  • il carretto trapanese presentava ruote di più grandi dimensioni ed i masciddari divisi in tre riquadri;
  • il carretto catanese aveva sponda rettangolare, toni prevalentemente sul rosso come la lava dell’etna ma una ricercatezza di particolari nelle pitture che li distingueva da quelli palermitani più semplici , con l’uso molto spesso della tridimensione;
  • il carretto di Vittoria riprendeva lo stile catanese e l’uso del rosso preferendo  tonalità più scure. I tratti dei disegni erano inoltre molto più netti e puliti di quelli catanesi che prediligevano invece tratti più  sfumati.

Patria del carretto sicialiano è Aci Sant’Antonio in provincia di Catania, paese che ha dato i natali ad alcuni tra i più grandi maestri  pittori uomini che hanno dedicato tutta la loro vita a coltivare un’arte antica, un mestiere passato per lungo tempo di padre in figlio per generazioni e che oggi sta scomparendo come stanno scomparendo i carretti che ormai fanno parte solo del folklore siciliano e vengono utilizzati per allietare con un giro i turisti o in occasione dei matrimoni.

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Foto di Maria Aurora Frazzetto. Il carretto nella foto si trova presso il Palmento di Rudinì

Proprio a marzo scorso la Sicilia ha detto addio ad uno dei più grandi maestri pittori se non il più grande non solo per esperienza ma anche per età. Parliamo di  Domenico Di Mauro che ha cominciato a dipingere all’età di 12 anni ed è morto all’età di 102 anni, iscritto nel Registro delle Eredità Immateriali della Regione Sicilia e che parlando di sé amava definirsi “ultimo decoratore di carretti”. Conosciamolo meglio in questo video nel quale capirete e sentirete quanta passione genuina il maestro metteva in quello che non era più il suo lavoro ma era diventato la sua vita.

 

 

 

 

 

 

Molte anche le testimonianze di famosi scrittori stranieri completamente rapiti da questa opera d’arte a due ruote. Tra i più affascinati e colpiti c’è stato lo scrittore francese GUY MAUPASSANT che ha parlato del carretto siciliano come un rebus che cammina:

«Piccole scatole quadrate, appollaiate molto in alto su ruote gialle, decorate con pitture semplici e curiose, che rappresentano fatti storici, avventure di ogni tipo, incontri di sovrani, ma prevalentemente le battaglie di Napoleone I e delle crociate; perfino i raggi delle ruote sono lavorati. Il cavallo che li trascina porta un pennacchio sulla testa e un altro a metà della schiena (…). Quei veicoli dipinti, buffi e diversi tra loro, percorrono le strade, attirano l’occhio e la mente e vanno in come dei rebus che viene sempre la voglia di risolvere».

Terminiamo questo articolo  segnalandovi una vera e propria chicca: in occasione del primo  Carretto Sicily Fest che si è svolto a Bronte lo scorso 4 Settembre i ragazzi della Pro Loco della cittadina hanno avanzato la candidatura del carretto come patrimonio Unesco convinti che la bravura artistica dei pittori deve essere condivisa ed ammirata dal mondo intero.

Ci riusciranno? Vi terremo informati ma noi siamo più che ottimiste!!

La foto gallery è stata presa dalla raccolta del Museo del carretto, un grazie particolare all’autore.

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Sara Falciani