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21 Mar

Alda Merini: un calamaio intinto nel cielo a dipingere stelle

” Mi sveglio sempre in forma e mi deformo attraverso gli altri “

 

Dipinto by Elena Boccoli

Dipinto by Elena Boccoli

 Devo ammettere che questo articolo è stato davvero tanto complicato e tormentato da scrivere, anzi in questo caso preferisco usare il presente perché lo sto scrivendo in questo momento dopo averlo cominciato ed abortito 100 volte. Ho passato ore e giorni a chiedermi in che modo avvicinarmi, con muto rispetto, ad una personalità così disperatamente forte e trasparentemente fragile come cristallo, a chiedermi come approcciare il suo universo, senza ferire ed esserne ferita, e soprattutto come riuscire a trasmetterlo a voi: se sussurrandolo in modo da farlo scorrere dolce nelle vostre vene o urlarvelo in faccia con tutto il suo amore disperato, la sua solitudine geniale, la pazza ignoranza degli altri, tanto da squarciarvi il cuore e penetrarvi l’anima.

 

 

Di Alda Merini pensi di sapere abbastanza o comunque il giusto fino a quando non ti trovi per un motivo o per un altro a dover “bussare alla sua porta” e così appena varcata la soglia vieni inghiottita in una spirale di parole che a furia di pugni nello stomaco ad ogni passo ti fanno capire che non puoi trattarle da stupide lettere perché loro sono ora sospiri, ora silenzi urlati, ora lacrime che hanno musicato una vita, una colonna sonora che ha cambiato cento melodie tra alti, bassi e “ falsetti” di acuto ed orgoglioso dolore ma anche di graffiante e ribelle gioia. Dopo un viaggio così intenso che ti arricchisce e svuota nello stesso tempo tu rimani immobile, senza fiato con davanti agli occhi le parole che hai letto, le persone che hai conosciuto dentro quelle macchie di vita, le stanze dell’umiliazione che hai visitato con occhi chiusi perché ad aprirli non ce la facevi ed in quel momento hai la piena e lucida consapevolezza di non aver mai saputo niente di lei, di non aver capito nulla e sei quasi felice di essere stata protetta per lungo tempo dalla tua pigra ignoranza che non ti ha fatto andare oltre le quattro notizie appiccicate su giornali e siti web come un chewing gum vecchio e secco che dopo poco si stacca e cade, innocuo, senza essere più nemmeno appiccicoso. Quando ho cominciato a pensare di scrivere questo articolo i miei propositi erano ben diversi, forse perché le mie energie erano fresche e soprattutto perchè io pensavo di essere pronta a riportare gli aneddoti, le testimonianze ed i ricordi di una vita che immaginavo potesse essere stata molto dura, senza essere preparata, tuttavia, psicologicamente a quello che ci avrei trovato dentro. A questo punto io potrei cominciare a parlarvi di una donna come tante altre nata il 21 Marzo del 1931 a Milano, una donna che per lungo tempo insieme alla sua famiglia ha vissuto gli orrori e le privazioni fisiche e morali della guerra ed ha avuto come compagne di stanza nei suoi anni più freschi la miseria nera, la fame che ti mangia da dentro ed un futuro che è poco più di una parola ma che non sai neanche come si scrive, ma lei non è mai stata “una donna come tante altre”, piuttosto tante donne nello stesso tempo ma sempre genuinamente, lucidamente, combattivamente lei anche se la follia del mondo che la circondava e della vita che le volevano assegnare ci ha provato tante volte e nei modi più assurdamente e crudelmente bizzarri a farla diventare un’altra. Se c’è una cosa che ho capito lungo il percorso di conoscenza compiuto in questi giorni è che nessuna delle parole che avrei cacciato fuori dalla mia testa, dal mio cuore e fosse anche dal mio stomaco avrebbero potuto parlarvi di lei nel modo così personale, familiarmente delicato ma anche, in alcuni tratti brutalmente vero rispetto alla biografia che troverete nel suo sito ufficiale www.aldamerini.it voluto e curato dalle sue quattro figlie: Barbara, Emanuela, Simonetta e Flavia Carniti, quattro bambine di qualche anno fa che non hanno potuto vivere la loro madre perché gli altri la ritenevano pazza ed oggi quattro donne che hanno fatto anche di quella pazzia il ricordo più dolce figlio del perdono di un mondo che spesso fatica a capire! I loro ricordi si mischiano a quelli vivi della madre, a foto che ti fanno “entrare in famiglia”, a testimonianze, collaborazioni e stralci quotidiani che ti prendono per mano lungo il corso dei giorni ed il quadro non te lo fanno osservare seduto da lontano ma vivere con loro in prima persona. Io ho trovato la narrazione così spontanea e piacevole seppur nella sua drammaticità che davvero non posso permettermi in alcun modo di privare voi di leggere quelle righe e di fare in modo che siano i vostri occhi a vedere e non i miei a riportare. Come si potrebbe d’altra parte descrivere il profumo di una rosa, il velluto dei suoi petali e la dolce aggressività delle sue spine se non “toccando con mano”? Cambiati dunque i piani iniziali ci tenevo, però, nel giorno del suo compleanno che coincide per uno strano gioco del destino , (che spesso è più normale e lineare rispetto a tanti di noi) con la giornata mondiale della poesia, a farvi un regalo: una delle sue poesie più belle forse quella da dove tutto comincia come la Primavera che segna il risveglio della natura, lo scrollarsi di dosso il grigio cappotto dell’inverno e le ha donato il privilegio di nascere il suo stesso giorno consacrandola sua musa in eterno. Le parole che leggerete sono serene ed irruenti nello stesso tempo, irrequiete pur nel loro scorrere pacifico ma mai rassegnate. A questo punto potrei riportarvi i commenti e l’interpretazione di persone 100 volte più dotte, più colte o più titolate di me, (con 10 medaglie appuntate sulla giacca per intenderci), ma io questa cosa non voglio farla ed oggi di fronte a voi, (con il più assoluto rispetto verso chi le ha scritte e non volendo assolutamente contraddire nessuno), mi piacerebbe sfogliare questi versi come si fa con una margherita ma con i miei occhi, non annoiandovi con parole in fila che pretendono sempre di soggiornare nella testa e nel cuore di chi le ha scritte, non sapendo che ognuno di noi ha mille cuori al minuto, ma semplicemente provando a danzare con questi versi a piedi nudi su quelle zolle mentre piove e la mia faccia sollevata al cielo si nutre attraverso acqua di primavera sorgiva di sole, di azzurro, di gemme, di luce, di rinascita e di speranza vestita da preghiera. Lasciate scorrere anche voi i vostri occhi sui versi di Alda Merini che lei diceva di ottenere “ intingendo il calamaio nel cielo” dopodiché permettete alle vostre due palpebre di sfiorarsi baciandosi delicatamente e sentite dentro di voi le rondini tornare…la musica vi aiuterà a volare!!

Sono nata il ventuno a primavera ma non sapevo che nascere folle,

aprire le zolle

potesse scatenar tempesta.

Così Proserpina lieve

vede piovere sulle erbe,

sui grossi frumenti gentili e piange sempre la sera.

Forse è la sua preghiera.

(Alda Merini)

Questo video è stato tratto dal sito www.aldamerini.it.

Ed ogni volta che qualcuno vorrà farvi credere che la vita non è il fiore più profumato che stringete ogni giorno nelle vostre mani non siate pazzi e ricordatevi di una poetessa figlia, moglie, madre e per sempre donna che un giorno scrisse:  “Io la vita l’ho goduta tutta, a dispetto di quello che vanno dicendo sul manicomio. Io la vita l’ho goduta perché mi piace anche l’inferno della vita e la vita è spesso un inferno… per me la vita è stata bella perché l’ho pagata cara”. ( Alda Merini, 21 Marzo 1931- 1 Novembre 2009)

ALEKSARA

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Sara Falciani