Fresche della nostra visita ai Musei Vaticani, oggi torniamo da voi con un pezzo dedicato all’arte ed in particolare ad uno dei quadri più celebri di Raffaello Sanzio : la scuola di Atene.
Forse non tutti conoscono il nome di quest’opera ma siamo sicuri che tutti, ma proprio tutti, l’hanno visto almeno una volta nella vita se non dal vivo su qualche libro o rivista. Scopriamo oggi le curiosità legate a questo affresco ed il modo in cui Raffaello che all’epoca aveva circa 27 anni si è divertito in alcuni casi ad omaggiare in altri a prendere un po’ in giro alcuni suoi illustri colleghi.
Il quadro apparentemente mostra una scena di vita e di incontro (in un palazzo classico immaginario) tra i più grandi filosofi e matematici di tutti i tempi ma quello che molti non sanno è che Raffaello nel compimento della pittura di questa parete ad opera di Papa Giulio II decise di raffigurare i filosofi con le sembianze di alcuni artisti del suo tempo, (amici come il Bramante , rivali come Michelangelo Buonarroti) cercando l’abbinamento più giusto tra gli insegnamento del filosofo in questione ed alcune caratteristiche dei suoi colleghi.
La scena è così dominata da due figure centrali che attraverso le opere che hanno in mano riconosciamo come Platone ed Aristotele. In realtà Platone ha il volto di Leonardo da Vinci ed Archimede del maestro di prospettive Bastiano Da San Gallo. Leonardo regge il Timeo ed ha il dito puntato in alto ad indicare il Bene che si raggiunge nel pensiero oltre le cose e metaforicamente nella sfera celeste in un processo che parte dalla percezione delle cose sensibili ( attraverso i sensi ) per giungere a ciò che le cose sono in verità andando oltre alle apparenze ( mediante l’intellezione). Accanto a lui Aristotele tiene in mani l’“Etica Nicomachea” ed il suo dito è sollevato a mezz’aria proprio per indicare il processo inverso a quello a cui fa riferimento Platone ossia il ritorno dal mondo intellegibile ( del pensiero) nel quale si è trovata l’idea di Bene al mondo sensibile col fine di applicarla e trasformare la realtà in modo da farla diventare quanto più ideale ( nel senso di vicina all’Idea).
A sinistra di Platone girato verso alcuni giovani e con una tunica verde addosso c’è Socrate facilmente riconoscibile sulla base del volto riprodotto in molti busti mentre in basso a sinistra è raffigurato Pitagora che legge un libro con Teleauge che regge una tavoletta. Una figura controversa è al momento quella del ragazzo di bianco vestito che si trova proprio alle spalle di Teleauge. Nel dipinto questa sagoma rappresenta la ” Bellezza e la Bontà” greca e molti hanno visto in lei il volto di Francesco Maria della Rovere, nipote di Papa Giulio II e forse colui grazie al quale Raffaello era riuscito ad ottenere questa importante commissione a Roma. Al centro delle scalinata c’è Diogene che riconosciamo attraverso i tratti iconografici ossia l’abito lacero e consumato, l’atteggiamento di disprezzo verso il decoro e la ciotola, Sulla estrema sinistra, piegato mentre è impegnato a tracciare un cerchio con un compasso c’è Euclide ( anche se per altri si tratta di Archimede) e dietro di lui lo stesso Raffaello che si confonde tra gli altri. I personaggi del quadro sono ben 58 ma tra tutti uno dei più importanti è sicuramente Eraclito che poggia la testa cupo e pensoso su un blocco di marmo. Questa figura è molto particolare per tanti motivi: innanzitutto vi diciamo che l’autore ha rappresentato il famoso filosofo del “panta rei” con il volto di Michelangelo Buonarroti probabilmente per sottolineare la somiglianza tra il famoso filoso sempre cupo, accigliato e non ben visto dai più ed il suo collega pittore che pure aveva un carattere piuttosto schivo e burbero ma quello che dovete sapere soprattutto è che inizialmente nella realizzazione della pregevole opera il giovane genio della pittura non aveva certo considerato la presenza tra gli altri anche del Buonarroti e questo perché in effetti tra i due non scorreva buon sangue per diversi motivi legati naturalmente ad una rivalità artistica ed anche a sottili gelosie data la pesante differenza di età tra un Michelangelo già grande ed affermato ed un giovanissimo ragazzo dal talento e dal genio indiscusso. Raffaello, dicevamo, riconsiderò la cosa inserendo sull’affresco solo in un secondo tempo Michelangelo per omaggiarlo e rendere merito alla sua immensa e riconosciuta bravura. Si narra, infatti, che Raffaello un giorno avesse chiesto ed ottenuto di entrare nella cappella Sistina che proprio in quel periodo Michelangelo stava ultimando ed una volta nella stanza rimase tanto colpito dalla sconfinata bravura e tecnica del suo rivale da pensare che non sarebbe stato davvero giusto lasciarlo fuori dalla “Scuola di Atene”.
Pur inserendolo , tuttavia, Raffaello si prese quasi scherno del Buonarroti che a differenza degli altri personaggi per lo più dipinti senza scarpe indossava degli scarponi. Lo stesso vasari nella biografia di Michelangelo scrisse: indossava “stivali di pelle sopra lo ignudo”. Perchè mai , vi chiederete a questo punto.
Ebbene, la voce non è stata del tutto accertata ma pare che Michelangelo avesse un rapporto strano con i suoi stivali tanto da non sfilarli praticamente mai, neanche per dormire. Alcuni studiosi ritengono addirittura che le scarpe venissero sostituite solo nel momento in cui fossero completamente usurate tanto da non poterle usare e tanto che la pelle dell’artista fosse addirittura appiccicata alla scarpa. D’altra parte è invece ben noto che il Buonarroti pur essendo molto ricco conducesse una vita estremamente umile se non povera.
Bene, ora possiamo dire che se non sapete proprio tutto sulla “Scuola di Atene” di Raffaello ne sapete molto di più e soprattutto avete scoperto delle chicche che forse le guide tralasceranno.
Ricordate una cosa, però: ok le nostre curiosità e le nostre spiegazioni ma badate che nessuna e ripetiamo nessuna parola potrà mai sostituire una bella visita e l’emozione che le parole ve le toglierà proprio tutte di bocca!
“Qui è quel Raffaello da cui,
fin che visse Madre Natura temette
di essere superata da lui e quando morì temette di morire con lui.”
(Epigrafe della tomba di Raffaello nel Pantheon di Roma)