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25 Mar

Dantedì: curiosità che proprio non sai sul sommo poeta

«Sovra candido vel cinta d’uliva
donna m’apparve, sotto verde manto
vestita di color di fiamma viva.» (Purgatorio canto XXX)

Sicuramente vi sareste aspettati che un articolo su Dante Alighieri, nel giorno dedicato alla celebrazione del suo genio, cominciasse con i versi ben più famosi dell’Inferno :

“Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai in una selva oscura”…

parole che proprio tutti, anche chi lo ha sempre detestato ai tempi della scuola, conoscono.

Invece no, per parlarvi di lui partiremo da un canto del meno famoso Purgatorio e dalla descrizione del vestito di Beatrice, musa dei suoi pensieri e protagonista celestiale del Paradiso.

Partiamo proprio da lei con le nostre curiosità:

BEATRICE

La donna che più di chiunque altro catturò l’attenzione ed il cuore di Dante era, probabilmente, Beatrice Portinari , detta Bice, figlia di un banchiere molto ricco del tempo (Folco Portinari). La donna aveva su per giù l’età di Dante. Lo stesso la vide per la prima volta all’età di 9 anni e la conobbe personalmente all’età di 18 ( versione non accettata da tutti i biografi). Bice, tuttavia, era stata promessa a Simone De Bardi (appartenente ad un’altra importante famiglia di banchieri) del quale divenne moglie giovanissima, in età adolescenziale e per Dante rimase solo un amore platonico. La giovane, ebbe, purtroppo una breve esistenza e morì, infatti, all’età di 24 anni probabilmente nel tentativo di dare alla luce il suo primo figlio.

Il poeta fiorentino rimase particolarmente turbato da questa giovane morte e per un po’ si rifugiò nella filosofia e nella lettura di testi latini per poi giungere a scrivere la Vita Nuova ( come simbolo di rinascita)

LA FAMIGLIA E LA MOGLIE DI DANTE

Quello che molti non sanno è che il genio fiorentino ebbe una famiglia tutta sua : una moglie e 3 o forse 4 figli. In effetti solo in pochi conoscono questo dettaglio della sua vita personale anche perchè si presume che il matrimonio non fu particolarmente felice.  Quando Dante aveva 12 anni, nel 1267 , furono concordate le sue nozze con Gemma Donati, appartenente ad una ricca famiglia fiorentina molto in vista in quel periodo  e sorella di Simone Donati che fu proprio lo sposo di Beatrice.

Quello che sappiamo per certo è che in tutta la sua vita il il poeta non dedicò un solo verso a sua moglie e di lei non esiste traccia o testimonianza della sua presenza nel periodo di esilio. Seppur infelice, questa unione portò alla nascita di 3 figli , 2 maschi ( Jacopo e Pietro) ed una femmina ( Antonia), due dei quali preferirono la vita ecclesiastica. Antonia prese i voti e cambio il suo nome in suor Beatrice.

Alcuni biografi sostengono l’esistenza di un quarto figlio Giovanni del quale poco e nulla si è sempre saputo.

 

 

NATO SOTTO IL SEGNO DEI GEMELLI

Molto probabilmente Dante, il cui nome per intero era Durante, nacque verso fine Maggio nel 1265 proprio sotto il segno dei Gemelli. Non era un tipo particolarmente simpatico,non brillava per umiltà e riteneva che la sua arguzia e capacità di scrìttura derivasse proprio dal suo segno astrologico considerato dagli astrologi del tempo garanzia di velocità di pensiero ed intelligenza.

IL VOLTO DI DANTE

Pochi sono i quadri che lo ritraggono ma di sicuro la descrizione fatta da Boccaccio nella sua opera Trattatello in laude di Dante molto si avvicina all’immagine dipinta da Botticelli in una delle sue opere più celebri.

«Fu adunque questo nostro poeta di mediocre statura […] Il suo volto fu lungo, e il naso aquilino, e gli occhi anzi grossi che piccioli, le mascelle grandi, e dal labbro di sotto era quel di sopra avanzato; e il colore era bruno, e i capelli e la barba spessi, neri e crespi, e sempre nella faccia malinconico e pensoso.» ( Boccaccio)

Dovete però sapere che, molti anni dopo, una squadra di antropologi partendo dallo studio del cranio di Dante ( che mancava di mandibola) arrivò alla conclusione che seppur non bello, il suo volto non fu caratterizzato da quel naso cosi aquilino che lo ha reso celebre.

L EPILESSIA

Chi ha studiato la Divina Commedia si ricorderà di frequenti svenimenti da parte di Dante e non solo durante la visita dell’Inferno con Virgilio. Pare oramai sempre più certo che il fiorentino soffrisse di epilessia e ciò lo si evince anche dalle descrizioni molto accurate dei sintomi e dei malori all’interno del suo divin scritto.

L ‘ADDIO A FIRENZE E LA CONDANNA A MORTE

Verso la fine del XIII secolo, dopo un breve periodo di pace, Firenze fu di nuova sconvolta dai feroci scontri tra Guelfi, che sostenevano la supremazia del Papa, e Ghibellini, che sostenevano il primato politico dell’imperatore.

Dante era sempre stato un importante esponente dei Guelfi oltre che un protagonista della vita politica della sua città. L’autonomia della stessa era per lui obiettivo primario, contrario all’ingerenza sia di sovrani stranieri che da parte del Papa. La situazione peggiorò notevolmente con la nomina a nuovo pontefice di  Bonifacio VIII che vide sempre contrastata da parte di Dante la sua politica espansionistica. A Firenze il partito guelfo si ritrovò diviso in due fazioni: i Bianchi, capeggiati dalla famiglia dei Cerchi contrari a qualsiasi ingerenza da Roma ed Neri, guidati dai Donateschi strettamente legati al Papa.

Tutti sappiamo che per Dante schierato con i bianchi le cose non andarono a finire bene.

In seguito ad un inganno posto in essere da Papa BonifacioVIII e Carlo de Valois mentre Dante si trovava a Roma dove era stato mandato ufficialmente per motivi di lavoro ma di fatto per allontanarlo, i neri rivoltarono la città prendendo il potere.

Il nuovo Podestà, cominciò a perseguitare Dante che, oltre a vedersi saccheggiata la casa, finì sul banco degli imputati con accuse infamanti, tra cui l’estorsione e la baratteria.

Dante decise di non presentarsi al processo ( non rientrando a Firenze) ed il 10 marzo 1302 in contumacia fu condannato a due anni di confino, all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, alla confisca dei beni e al pagamento dell’ammenda di 5000 fiorini piccoli. Al suo reiterato rifiuto di presentarsi davanti al giudice, la pena, estesa nel 1315 ai figli Jacopo e Pietro, fu commutata nella confisca dei beni e nell’esilio perpetuo, con l’alternativa della condanna al rogo se fosse stato catturato.

Da quel momento Dante non potè più far ritorno nella sua amata Firenze e visse una esistenza raminga con cuore sanguinante per la tristezza nonostante fosse stato sempre bene accolto nelle città che lo ospitarono.

«Alighieri Dante è condannato per baratteria, frode, falsità, dolo, malizia, inique pratiche estortive, proventi illeciti, pederastia, e lo si condanna a 5000 fiorini di multa, interdizione perpetua dai pubblici uffici, esilio perpetuo (in contumacia), e se lo si prende, al rogo, così che muoia”»

LA MORTE A RAVENNA

Dante muore a Ravenna all’età di 56 anni dopo aver contratto la malaria dopo una missione a Venezia ed ancora oggi la città emiliana ospita la sua salma dopo aver combattuto con la città di Firenze dal momento che i fiorentini dopo averlo disprezzato per una vita pretendevano di  onorarlo dopo la morte rivendicando il legame di sangue.

 

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Sara Falciani