Quando si parla del famoso pittore viennese Klimt, il primo pensiero corre veloce al “Bacio” ossia alla sua opera più popolare e rappresentativa, acquistata nel 1908 per essere esposto nella Galleria di Stato di Vienna e già considerata come il capolavoro dell’artista. Di sicuro, il Bacio è l’espressione massima della corrente o periodo aureo che caratterizzò la sua produzione e che agli occhi del mondo lo contraddistinse da molti altri pittori celebri del tempo per l’uso accecante ed imponente dell’oro nei suoi quadri.
Quello che in molti non sanno è che l’Italia ha giocato un ruolo fondamentale in tal senso: fu, infatti, proprio in seguito a due viaggi nella nostra penisola, precisamente a Venezia ed ancor più a Ravenna che Klimt colpito dai maestosi ed eleganti mosaici bizantini, decise, una volta in patria, di fare dell’oro il simbolo cardine della sua arte.
Non da ultimo c’è anche da ricordare che Klimt nell’oro, se così si può dire, ci era nato essendo suo padre e suo fratello di professione orafi.
Le sue opere, molto numerose e ricche di significato, ritraggono spesso la figura femminile rappresentata nella sua completezza di sensi, dai nudi selvatici e voluttuosi ai ritratti che fissano su tela la sensualità ricercata delle appartenenti per lo più all’alta borghesia viennese. In ogni caso, va ricordato, che le sue muse furono spesso donne e modelle con le quali il pittore, particolarmente sensibile al fascino ed al magnetismo del gentil sesso, ebbe relazioni conturbanti.
Se “il Bacio” è considerato a livello mondiale la sua opera magna, altre opere, tuttavia, suscitano nel lettore , una volta davanti alla tela, domande, curiosità e voluttuose sensazioni sprigionando una carica sensuale e sessuale senza pari.
Prendiamo per esempio il dipinto che riprende il mito greco di Danae.
Il dipinto realizzato tra il 1907 ed il 1908 da Klimt è oggi esposto a Vienna alla Galerie Würthle e ritrae la fanciulla che come narra il mito era figlia del re Acrisio di Argo ed una bellissima principessa. Il re, purtroppo, non aveva potuto avere eredi maschi ed un giorno consultando un oracolo aveva saputo che sarebbe morto per mano del nipote. Per questo motivo Acrisio decise di rinchiudere la giovane figlia Danae in una torre impedendole di avere relazioni con gli uomini. Zeus attratto inevitabilmente dallo splendore della giovane e molto contrariato dalla decisione del padre di contrastare in questo modo il suo destino, entrò sotto forma di nuvola nella stanza e si trasformò in pioggia d’oro per fecondare la fanciulla.
Il ritratto riporta proprio il momento del più puro e lascivo piacere e rappresenta uno delle opere più carnali ed erotiche di Klimt che visse sempre il suo rapporto con le donne facendo del sesso e del piacere fisico il fulcro di ogni relazione.
Danae, a differenza di come era stata fino ad allora rappresentata da altri celebri artisti (ossia sdraiata nel suo letto mentre dal cielo la pioggia dorata scende dentro di lei) è rannicchiata su stessa, come se attraverso questa posizione cerchi di contenere il piacere che sta ricevendo senza perderne un briciolo. Il suo bacino e tutta l’area pelvica sono in primo piano, proprio a voler sottolineare il momento principe delle scena, a voler focalizzare l’attenzione sulla parte del corpo che accoglie la fonte di un sublime piacere riempiendosi di un liquido d’oro e fecondo che manda in estasi la fanciulla il cui volto, in apparenza dormiente, e soprattutto le cui labbra appena aperte per far uscire un sognante gemito comunicano chiaramente questa serenità libidinosa.
Sempre sensibile alle geometrie, Klimt raffigura Danae raggomitolata sul suo corpo, in posizione fetale, a formare una spirale il cui punto di inizio è la mano sinistra (che seppur nascosta sfiora la vulva) con la quale la fanciulla si regala il paradiso attraverso un momento di autoerotismo mentre la pioggia d’oro che chiaramente la penetra e domina il suo corpo le permette di raggiungere l estasi del totale godimento. Interessante notare come il pittore austriaco anche in quest’opera non ritrae esplicitamente l’organo maschile ma utilizza ancora una volta riferimenti geometrici come il rettangolino nero che nel dipinto sta proprio a rappresentare la potenza sessuale maschile, ed in questo caso di Zeus che riesce nel suo intento di possedere la fanciulla che darà in seguito a questo rapporto onirico alla luce Perseo.
Anche le forme tondeggianti che abbelliscono la tenda con la quale Danae si avvolge sono un chiaro riferimento ai simboli di fecondità femminile con ancora l’uso dell’oro seppure molto più limitato rispetto ad opere come il Bacio o la Giuditta e questo perchè quando dipinse quest’opera stava terminando il famoso ciclo aureo e da lì a poco Klimt sarebbe caduto in un periodo più nero e cupo che sfociò anche nella depressione.
L’artista morì all’età di soli 56 anni e proprio a sottolineare il rapporto molto carnale con il quale visse sempre i suoi amori e le sue muse, alcuni libri che lo riguardano riportano che ben 14 persone si fecero avanti , dopo la sua morte, presentandosi come suoi figli.
“Chi vuole sapere di più su di me, cioè sull’artista, l’unico che vale la pena di conoscere, osservi attentamente i miei dipinti per rintracciarvi chi sono e cosa voglio.”
Gustav Klimt