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15 Ott

Recensione: Dove non ho mai abitato

Oggi per voi un suggerimento per una serata diversa da passare al cinema.

Il film che abbiamo visto è : “Dove non ho mai abitato” uscito nelle sale il 12 Ottobre con la regia di Paolo Franchi, un film italiano che strizza l’occhio al cinema francese e che di francese ha non solo il ritmo lento e suadente ma anche la protagonista : una raffinatamente penetrante e mai sopra le righe Emmanuelle Devos.

La pellicola parla della storia di Francesca, figlia di un famoso architetto di Torino che dopo una vita costruita a Parigi lontana dal carattere dispotico e troppo ingombrante del burbero genitore rientra nel capoluogo piemontese in seguito ad un piccolo incidente occorso al padre che da sempre le ha rinfacciato il fatto di non aver seguito le sue orme ed il suo “talento architettonico” per vivere nella capitale francese come la moglie borghese di un facoltoso finanziere. Una volta a Torino Francesca deve cercare non solo di costruire un rapporto mai avuto con il padre ma soprattutto,  affrontando il suo caratteraccio bisbetico e troppo diretto, confrontarsi con una vita dalla quale lei stessa è fuggita molti anni prima impedendo alla donna passionale e creativa che c’è in lei di sbocciare e vivere una vita tutta sua e non quella costruita per lei dalla popolarità di Manfredi, un bravissimo e convincente Giulio Brogi.

Rientrata dopo anni in una città che non ha mai veramente sentito sua la protagonista femminile si trova costretta a partecipare ai lavori di ristrutturazione di una villa sotto volere del padre che non finisce di decidere per lei e soprattutto di sperare che lei riprenda finalmente a lavorare come architetto e sua degna erede. In occasione di questi lavori Francesca conosce Massimo il delfino dello studio di suo padre, un talentuoso architetto della Torino bene e forse neanche troppo velatamente il figlio che Manfredi avrebbe voluto. Il primo incontro tra i due è freddo e distaccato e solo l’aplomb francese di Francesca riesce a tenere testa alla palese ostilità e diffidenza di Massimo che vede nella donna solo la figlia viziata di un personaggio famoso e la ricca ereditiera che si è potuta anche permettere il lusso di rinunciare ad una carriera assicurata. Lo scontro che si trasforma in confronto e sfocia nell’incontro fra i due dà vita al film mettendo di fronte quasi specularmente due persone che occhi negli occhi si ritrovano di fronte a due adulti mai veramente cresciuti, due persone che nel corso degli anni hanno riempito i loro giorni chi con la famiglia, chi con il lavoro pur di non vivere, scaraventati in una esistenza troppo lontana dal loro vero essere a causa della paura di mettersi in gioco, piangere , soffrire ma anche respirare emozioni a pieni polmoni. Due coetanei sulla cinquantina che di colpo giorno dopo giorno scoprono quello che si sono persi e decidono per la prima volta di affrontare quello che ancora possono avere in un gioco disperato di rimpianti e nuove illusioni, di testa volta al passato e cuore che sogna ancora di avere un futuro.

Protagonista maschile ( Massimo) è Fabrizio Gifuni grande attore di teatro alle prese con  il ruolo del tenebroso architetto che  nella sua vita ” ha saputo costruire solo case per gli altri”.

Come già anticipato il ritmo del film è lentamente scorrevole dove lentezza non è sinonimo di noia ma di riflessione, quasi a volere dare allo spettatore il tempo di rivedere scena dopo scena anche pezzi della propria vita e rileggere il copione delle proprie scelte. E’ sicuramente un genere di film ( drammatico) che non lascia spazio alle vie di mezzo e che quindi si ama o si odia . Consigliato principalmente ad un pubblico femminile (più portato a guardarsi dentro) che di Francesca apprezzerà la ferrea delicatezza con la quale sorride, piange, distrugge la vecchia “non lei” per tentare di far sbocciare il suo vero io, una donna come tante che si trova a combattere tra la gratitudine nei confronti di un marito più grande che l’ha sempre rispettata e protetta ed i sentimenti verso un uomo che l’ha fatta sentire donna ed amata per la prima volta.

Naturalmente non possiamo svelarvi quale sarà la sorte dei protagonisti e dei personaggi che gravitano intorno a loro intrecciando  giorni, dubbi, certezze e vecchi sogni abbandonati in soffitta ma di sicuro possiamo consigliare questo film a chi ha bisogno di guardare in faccia la sua realtà e farlo attraverso un siero che ti entra nelle vene con intensa e penetrante dolcezza e non con un pugno nello stomaco che ti lascia dentro solo vuoto e dolore e la sensazione di non avere fiato abbastanza per portare avanti i suoi giorni.

 

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Sara Falciani