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15 Apr

Pyongyang Marathon: diario di bordo

06.04.2018 PRIMO GIORNO IN COREA DEL NORD

Eccomi finalmente giunto, una maratona molto particolare mi aspetta!

Entrando nel minuscolo aeroporto della capitale campeggiano ovunque le foto dei cari leader, Kim Il-sung e suo figlio Kim Jong-il.
Vengo accolto, dopo stretti e rigidi controlli all’ingresso, da guide coreane le quali, una volta sul pullman, informano me ed il mio gruppo di come sarà lunga, ma soprattutto faticosa la giornata. Arriviamo infatti in hotel poco prima delle 06:00 locali (fuso orario +6h30m), tempo di una doccia che sono in sala ristorante per la colazione. Ogni uomo o donna che non indossa la divisa militare porta appuntata sul petto una spilletta, anch’essa raffigurante il fondatore della dinastia dei Kim. Vengo privato del passaporto, che viene consegnato alla guida turistica e mandato alla sede del partito per i controlli di routine, mi verrà restituito l’ultimo pomeriggio al momento del check-out in hotel. Molti si saranno chiesti cosa si mangia in questo Paese così lontano non solo dai nostri confini geografici ma soprattutto dal nostro approccio alla vita e tra i molti c’ero anche io che una volta ho trovato le risposte alle mie domande:
riso (che sarà , come succede in tutti i Paesi asiatici,  sempre servito ad ogni pasto), carne di maiale o pollo , pesce fritto, verdure stufate e infusi vari. La carne di cane, molto apprezzata in tutta la Corea è stata, naturalmente, da tutti noi rifiutata e pertanto abolita dal menu.
E’ stato per me  interessante notare come siano stati molti gli stranieri presenti in Corea del Nord, probabilmente arrivati in quella terra  non tanto per gareggiare, quanto per vivere e respirare a polmoni aperti la storia e l’aria di un Paese e di un Popolo che ancora oggi vive sotto regime e che dietro il suo perimetro geografico è sconosciuto ai più. Partenza per il primo tour dei dintorni è fissata per le 08:00 del mattino con destinazione la cittadina di Kaesong. Questo paesino dista circa 2h di viaggio dalla capitale ed io, come il resto del gruppo, ne approfitto per riposare un po’. Prima di chiudere gli occhi , tuttavia,  noto con curiosità e stupore che Pyongyang, città da 3 milioni di abitanti, sia molto silente come se nessuno la abitasse. Le autostrade sono larghissime, almeno sei corsie per senso di marcia, eppure di macchine se ne vedono poche. La campagna è desolata, ci sono pochissimi alberi che si stagliano all’orizzonte perché , purtroppo, la maggior parte di loro è stata abbattuta per far fronte alla carenza di energia. Il terreno coltivabile è scarso e inoltre è stato reso infertile da anni ed anni di coltivazione continua di riso.

Tempo di chiedermi dove siano le persone che crollo in un sonno profondo durato fino all’ arrivo a Kaesong.

A sud di Pyongyang, Kaesong è l’unica grande città ad avere cambiato la sua collocazione nazionale in seguito alla Guerra di Corea del 1950, in quanto prima faceva parte della Corea del Sud. Di rilievo la visita al “grande muro”, conosciuto come il “38º parallelo” confine originario tra le zone di occupazione sovietica e americana in Corea, stabilito dopo la resa dell’ Impero giapponese. Nel 1948 la linea di demarcazione divenne il confine tra le nuove nazioni indipendenti di Corea del Nord e Corea del Sud.

Alla fine della Guerra di Corea (1950-1953), un nuovo confine venne stabilito nel mezzo della zona demilitarizzata, che taglia il 38º parallelo con un angolo acuto da sud-ovest a nord-est. I soldati dei due paesi sono schierati lungo la frontiera: se i sudcoreani guardano verso il nord per prevenire un possibile attacco, i nordcoreani voltano loro le spalle: rispetto alla possibilità di un’invasione, è più grande il timore che i propri concittadini fuggano dal paese. Brave nell’organizzazione e nella gestione del gruppo le due tour leader coreane, con il quale è macchinoso socializzare purtroppo, continuano a farci scoprire lo splendore di una cittadina che ha subito tre grandi guerre,
ma che conserva ancora intatte alcuni forme e resti divenute patrimonio dell’Unesco come ad esempio la tomba di re Kongmin riccamente decorata con il tradizionale rivestimento di granito e il Collegio Neo-Confuciano quest’ultimo ricostruito dopo l’invasione giapponese del 1592 e che oggi ospita il Museo Koryo, con la sua raccolta di ceramiche e altre reliquie dell’ epoca buddista.

E’ stato difficile per me memorizzare ogni singolo dato o emozione provata perché non abbiamo avuto il tempo necessario per metabolizzare e vivere dentro di noi quello che passo dopo passo stavamo toccando con mano, una realtà che i coreano vedono come unica verità assoluta.

 

max q

08.04.2018 IL GIORNO DELLA PYONGYANG MARATHON

Il giorno della gara la sveglia suona presto, poco prima delle 6:00.

Scendo velocemente in sala ristorante per anticipare i tempi e per cercare di mettere qualcosa di sostanzioso sotto i denti, ma oltre un simil pane con del burro e dei biscotti secchi portati dall’Italia non vado. Si parte direzione stadio, da qui partirà la maratona.

Sono le 7:20 , arriviamo e l’emozione è grande perchè sin da lontano intravediamo gli spalti che già alle 8:00 del mattino sono gremiti all’ inverosimile. C‘è da ricordare o da sapere che lo stadio nord coreano è il più grande al mondo. Siamo diligentemente divisi in fila per otto (impensabile in Italia) ed in modo così unico come preciso sfiliamo lungo la pista mentre il pubblico applaude festoso. Tutti siamo stati suddivisi per gruppi in base alla gara che correremo.

Il Primo ministro dello Sport fa una breve presentazione di quelli che definisce giochi, naturalmente in lingua
coreana, ma un’ interprete scandisce il tutto parlando poco dopo in lingua inglese. Alla conclusione, il pubblico si rivolge verso la bandiera del Paese che è issata in cielo: è il momento dell’ inno al quale tutti noi rivolgiamo particolare attenzione perchè non viene cantato, come da noi, ma ascoltato nel silenzio più inusuale che io abbia mai “sentito”. Puntualissima la gara alle ore 9:00 ha inizio e dopo neanche 500 metri mi accorgo, così come era stato per l’inno, del silenzio che regna in città nonostante il pubblico fosse comunque riversato in strada.
Un silenzio che piace alle mie orecchie e mi permette di tenere quel ritmo immaginato prima di partire.

Nonostante  in tanti si fossero coperti per il gran freddo e il forte vento, io decido di partire con canottiera e manicotti e la scelta si presenta quasi saggia.

I primi quindici chilometri filano lisci, da qui al passaggio della mezza-maratona un freddo e forte vento contrario mi assale creandomi non pochi problemi allo stomaco che riesco comunque a contenere anche tenendo conto che i bagni erano disponibili ogni 10-12 chilometri e che era severamente vietato fermarsi lungo la strada. Al giro di boa per fortuna si rifiata un po’ e sfruttando di un po’ di vento a favore raggiungo un ragazzo, che non avrà avuto più di sedici anni, anch’ esso impegnato nella lunga distanza. Lui da quel momento in poi diventerà il mio migliore amico per i restanti quasi venti chilometri. Tra il silenzio del pubblico scarso presente nelle larghe strade desolate arriviamo al trentacinquesimo chilometro. Inizia a piovere forte. Freddo, vento contrario e pioggia un mix micidiale che mi spingerebbe a rallentare ma, senza demordere, vedendo da lontano l’arco di trionfo al quale è collegata l ingresso alla pista dello stadio, aumento gradualmente il ritmo fino ad entrare in quello che mi darà la possibilità di tagliare ancora una volta il traguardo di una bella quanto sudata maratona.

Alzo le braccia al cielo e in 3h12m55s sono ancora una volta FINISHER.

Nel post gara cerco riparo dal freddo con una bevanda calda per scaldarmi un poco. Ho le braccia fredde, le dita come a non sentirle, mi ci vorrà un po’ prima del completo ripristino. Mi cambio dalle cose bagnate e puntuali come da regolamento dopo le 4h30m di gara si chiudono le porte dello stadio ed inizia una cerimonia che vedrà premiati  i primi 3 uomini e le prime 3 donne di tutte le gare corse. Il pubblico numeroso rimane lo stesso che avevamo trovato inizialmente, fantastico. Si torna in hotel, un pranzo veloce, doccia, checkout e di corsa in aeroporto, dove, ci attenderanno tante e tante ore di volo.

La Maratona di Pyongyang rimarrà dentro di me un ricordo sicuramente particolare per l’ esperienza di vita vissuta in un Paese che sembra voglia  farsi conoscere, ma che per una serie di motivi e circostanze, si presenta a noi no di certo come io l’ho vissuto!

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Sara Falciani